9 anni ago · Fabrizio Nannini · Commenti disabilitati su THE REVENANT: ovvero come si sopravvive mentalmente in un esperimento dai risvolti psicologici interessanti.
THE REVENANT: ovvero come si sopravvive mentalmente in un esperimento dai risvolti psicologici interessanti.
Perdonatemi il titolo stile Lina Wertmuller ma davvero non ho saputo resistere né sintetizzare meglio l’argomento. Come molti sapranno, giorni fa, una scuola della Federazione Italiana Survival Sportivo e Sperimentale (in breve: FISSS) la consociata SOS 2012 è stata contattata nientepopodimeno che dalla 20th Century Fox Italia per creare un corso di survival ad hoc per alcuni blogger. Questo corso, orsi esclusi, doveva essere ispirato allo stupendo film che finalmente ha portato una statuetta a Leonardo Di Caprio. Nel corso, della durata di 24 ore, i protagonisti dovevano: imparare rudimentali tecniche di sopravvivenza, costruirsi un riparo, proteggersi da un eventuale maltempo (la Fox non bada a spese: ha fatto pure grandinare!) e dormire all’aperto senza molti comfort (eufemismo). Il tutto solo con un sacco di iuta a disposizione, che poteva essere riempito con quello che i partecipanti ritenevano indispensabile.
Sebbene all’inizio fossi entusiasta per l’iniziativa per il successo dei miei amici della SOS 2012, ho lasciato cadere la cosa poco dopo la fine dell’impresa, non dando troppo peso all’accaduto. Ma dopo aver esaminato i video di alcuni blogger non ho saputo trattenermi dal commentare la cosa. Si è accesa una lampadina: un laboratorio di survival a cielo aperto completamente filmato non capita certo tutti i giorni!
Va fatta una serie di premesse: i protagonisti erano lì spontaneamente e sapevano di essere filmati. Sapevano anche di non essere a rischio di vita, d’accordo, ma vivere un’avventura in un posto che non è esattamente lo Sheraton ad alcuni può non andare proprio giù. Ciononostante sono emerse delle dinamiche individuali piuttosto interessanti.
I personaggi esaminati nell’ottica del survival sono: Andrea Galeazzi, Claudio di Biagio e Maurizio Merluzzo, ed infine Matteo Bruno. Diversi per provenienza geografica e per atteggiamento di fronte alle novità ed all’uscita dalla confort zone. Cerchiamo di analizzare, prendendo la situazione con la leggerezza dovuta e senza voler giudicare nessuno, i comportamenti di ognuno di loro.
Andrea Galeazzi, milanese, architetto classe 1973. Ecco il video. La sua confort zone sembra essere finita appena sceso dal letto. Mezzo panico per lo sciopero dei taxi, ma il wannabe survivor in erba si salva solo grazie al provvido rinvenimento di una car2go. Fin qua, ci sta anche. Skill dimostrati: orientamento urbano.
0:40: si chiede chi glie l’ha fatto fare. Come inizio non è la premessa migliore…
1:18 – Colazione abbondante, ottima idea!
2:04 – Chiede a un algido Daniele Manno se è tutto finto, ma Manno lo sfotte un po’ e lui non sembra soddisfatto, anzi.
2:51 – D’accordo la marchetta per lo sponsor, ma nemmeno se sei il titolare del sito del “milanese abbrutito” sei autorizzato a portarti un MacBook nei boschi. Con tutta quella tecnologia (e quel peso / ingombro) come ti integri con l’ambiente?
3:04 – DUE dico DUE battery pack. Non è un pelo tantino per un giro nei boschi?
3:10 – Mostra delle cuffie per lavorare a un video di notte? Quali forze spera di avere, una volta fatto tutto il necessario per sistemarsi? Ottimista…
3:38 – Si parte. Dopo i primi 500 metri si lamenta. Brutto inizio così.
4:37 – usa GPS e cardiofrequenzimetro per un’escursione in gruppo e controlla il battito cardiaco mentre cammina. Ma il GPS è piuttosto inutile perché tanto chi guida il gruppo sa dove andare, ed il cardio altrettanto perché se si preoccupa del battito mentre sta soltanto camminando, o ha problemi seri di salute, oppure perde solo tempo perché è un dato che non gli serve a molto se sta solo camminando…
6:00 – accende un fuoco con l’acciarino, nonostante la paglia bagnata. Non ha molta tecnica ma si impegna con caparbietà. Bravo!
Gradualmente sembra adattarsi alla situazione, anche se a 8:11 ritira fuori il macbook tessendone le lodi, nuovamente. Ma godersi un po’ la nottata davanti al fuoco è così brutto?
Arriva l’alba e dalla faccia si vede che non ha dormito molto.
Chiudiamo con le sue parole: il momento più bello del corso di sopravvivenza è quando si torna a casa. Detto tutto.
Le mie conclusioni da spettatore survivalista sono che: sembra poco adattabile, è ovviamente ostile all’ambiente, che lo diventa di conseguenza nei suoi confronti, e vive un’esperienza che poteva essere un piacevole stacco dalla vita della metropoli e da una tecnologia della quale è dipendente, come un apnea di 24 ore dalla connessione di rete. Se per lui i confini di un’avventura sono quelli della copertura dati, allora si perde davvero molto. Può ovviamente migliorare tantissimo, ma soltanto rinunciando, in situazioni simili, alla sua dose quotidiana di droghe tecnologiche e lamentandosi un po’ meno perché lo fa spesso. Ma nonostante tutto è simpatico e non si fa prendere mai dallo sconforto anche se un po’ patisce la situazione. Che poi io lo capisco benissimo… molti di noi sono un po’ tecnomaniaci, nerd e vivono per le novità elettroniche: solo che in una situazione di survival, quello che non è vitale, è un peso inaccettabile, tanto che maledici il momento che l’hai infilato nello zaino ogni volta che fai un passo. E lo zaino che poteva essere una piuma, è soltanto un macigno pieno di insicurezze o di finte certezze superflue, che anziché aiutarti, ti appesantiscono e basta. Perché tanto, di fronte allo spettacolo della natura, anche il gingillo più accattivante non vale davvero niente.
Poi magari è un survivor coi fiocchi e ci ha presi tutti in giro, chi può dirlo? VOTO: 6 per il non avere mollato.
Claudio di Biagio, #bellodemamma e nonapritequestotubo, assieme a Maurizio Merluzzo. C’è autoironia. Molta. Si vede che non sa distinguere un tasso (pianta) da un tasso (animale) ma sdrammatizza la sua candida e palesata incapacità di agire e fa morire dal ridere. La spiegazione dei due sulle proprietà cicatrizzanti delle margherite è degna di Johnny Depp e Benicio Del Toro in “Paura e delirio a Las Vegas” (o Totò e Peppino quando scrivono una lettera?) solo che Claudio e Maurizio sono così senza droghe e anche alle undici di mattina. La scelta di una musica epica per la realizzazione di un semplicissimo nodo piano, è degna di un genio. Idem il doppiaggio intenso a 2:42.
A 3:45 si sente un tuono e lo sguardo, tra l’incredulo e il preoccupato, sta dicendo: ma è un effetto speciale, vero, mica sta per diluviare sul serio?
L’ironia è utile nelle situazioni difficili, e Claudio ne ha una grandissima scorta. Anche quando gli cade la legna ride e fa ridere, esorcizzando così gli aspetti più difficili della situazione. È sempre positivo, anche al risveglio. Non sta serio un momento che sia uno, e questo aiuta moltissimo, sia se stesso che quelli che gli stanno intorno. Come non dargli un VOTO: 7 per l’ironia e lo humor.
Ed infine Matteo Bruno (Cane Secco). Parte consapevole di avere un sacco troppo pesante per la sua non proprio titanica struttura fisica (altro eufemismo) ma affronta la cosa accettandola punto e basta. Inventa e battezza il “nodo del cane di merda” (cit.) realizzato al posto di un nodo barcaiolo, ma scopre l’errore solo mentre sta montando il video, e lo ammette in maniera esilarante. Si dimentica di dire diverse cose, ma ammette tutti gli errori che ripara con spiegazioni raffazzonatissime ma divertenti, simpatico paraculo che non è altro. Non è nel suo ambiente ma è proattivo e positivo. Al risveglio (ammesso che abbia dormito davvero) sembra a pezzi, ma ha quell’espressione quasi mistica (e/o stanca?) di chi ha colto davvero lo spirito della cosa, e sembra davvero coinvolto positivamente nell’esperienza.
La chiave di volta di tutti e tre i video è al minuto 7:37 e la svela proprio Matteo. La frase magica è:
“È incredibile come il giorno dopo tutto sembri più ospitale e sereno”
Bingo. Ha fatto centro. È quello che ha complessivamente vissuto nel modo migliore l’esperienza. Ammette di aver fatto fatica ma sottolinea il valore positivo della cosa. VOTO: 8 per l’aver capito il valore di quello che stava imparando.
Una cosa che spiego sempre nei corsi di Mental Survival, particolarmente difficile da recepire anche se si ripete a iosa, è che la percezione della realtà è un’esperienza soggettiva ed individuale, non un fatto universale. Immaginate un esperto di sopravvivenza nella loro stessa situazione: come avrebbe dormito? quali sarebbero state le sue preoccupazioni principali? come avrebbe vissuto l’intera esperienza? Se la realtà della situazione è fattuale, tutto il resto è solo percezione soggettiva.
Tre elementi, tre realtà vissute in modi totalmente diversi tra loro. Chi dei tre ha ragione? Tutti e nessuno. Chi si sarebbe salvato in una situazione davvero difficile? Non si può dire. Chiunque di loro avrebbe probabilmente potuto stupire tutti, iniziando da loro stessi, sia nel bene che nel male.
Come già ripetuto allo sfinimento da tutti gli autori dei testi di survival più accreditati, la sopravvivenza è davvero un fenomeno mentale all’80%, e qua ne abbiamo un’ennesima dimostrazione lampante. Buona visione di The Revenant a tutti!
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